La digeribilità della “PIZZA”

Ognuno interpreta la digeribilità a modo loro ma pochi hanno ragione

Girando sui social, più conosciuti o utilizzati dal pubblico, sempre più, mi rendo conto della poca cultura che esiste nel nostro settore. Si giudica la pizza prodotta e pubblicata dalle mode, da quello che i molini vogliono far capire ai loro possibili acquirenti di prodotti per il confezionamento delle pizze. Multinazionali, grandi produttori e il mercato del grano condizionano pesantemente il mondo pizza.
Più volte ho pubblicato il mio punto di vista su come deve essere la pizza di qualità e altamente digeribile da produrre per il consumatore. Anche nell’alta ristorazione si parla di pizza “gourmet”, ma molto spesso credo, che gli chef stellati di tutto si preoccupano meno della digeribilità di questo stupendo prodotto. Eppure loro sanno trattare gli alimenti, si preoccupano di comporre le loro proposte culinarie con filosofia applicata alle percezioni derivanti dall’accattivante visione del piatto, dagli aspetti sensoriali, e dalle tecniche di lavorazione degli ingredienti utilizzati. Quasi tutti però si scordano (volutamente o per scarsa cultura) dell’aspetto digeribile degli impasti utilizzati.
Ricordo molti anni fa, quando mi sono avvicinato all’agricoltura biologica per capirne la cultura, il modo di produrre materie prime prive di sostanze chimiche, che era definito dagli addetti più salutare dell’agricoltura convenzionale. Si parlava già di grani antichi. Gli agricoltori italiani erano detentori (da tempo immemore) della biodiversità del grano tenero. A quei tempi parlando di grani antichi con mugnai o rivenditori di farina, si potevano notare sul loro viso, note di disappunto a testimoniare che chi parlava di questi prodotti era profondamente fuori dalle esigenze di mercato e senza futuro.
OGGI TUTTI I MOLINI HANNO INSERITO A LISTINO E COMMERCIALIZZANO FARINE DI GRANI ANTICHI,
A questo punto io mi pongo una domanda: Se chi era contro ai grani antichi e non acquistavano questi grani, oggi da dove provengono tutti questi grani antichi che i molini cercano di immettere sul mercato?
È mia opinione personale che solo le piccole aziende agricole sono in grado di commercializzare questo tipo di prodotto, in quanto da sempre ne hanno mantenuto le specie.
Se a questo aggiungiamo che le mode ci stanno facendo accettare le pizze realizzate con tecniche (più volte definite obsolete) dove si prediligono farine altamente proteiche impastate con alta idratazione, mi viene spontaneo affermare che si continua a non considerare una sana alimentazione se le pizze vengono prodotte in questo modo.
Si sta pensando che la strada giusta per il futuro, sia quella di preferire i mix di farine, dove in aggiunta al prodotto base si uniscono anche sostanze zuccherine, e vari ingredienti che le leggi permettono di aggiungere nei mix per la panificazione, con l’intento di aiutare i pizzaioli nel loro lavoro.
Da un lato potrebbe essere un pregio, ma dall’altro sicuramente il pizzaiolo perde una parte importante della propria autonomia intellettuale in favore della facilità lavorativa. Quello che alla fine degli anni 90 è successo ai fornai, dove l’avvento dei mix per la produzione di pane (realizzato specialmente dall’industrie panarie) hanno prodotto parecchi fallimenti di aziende per la diminuzione del consumo di pane si fatto.
E ALLORA, QUAL È LA PIZZA DIGERIBILE E DI ALTA QUALITA’?
REALIZZARE IL PRODOTTO SOLO CON ACQUA, SALE, LIEVITO E FARINA (no mix di farine) E’ LA CONDIZIONE PIU’ SEMPLICE, MA LA PIU’ DIFFICILE NELL’ AVVICINARE LA PERFEZIONE. NON SOLO, NON AGGIUNGERE ALTRI INGREDIENTI ALLA RICETTA DI BASE, REALIZZATA CON FARINE DI GRANI ANTICHI POVERE DI CARBOIDRATI E DI PROTEINE, PERMETTE ALLA PIZZA DI OTTENERE UNA DIGERIBILITA’, NON RAGGIUNGIBILE IN NESSUN ALTRO TRATTAMENTO DEGLI IMPASTI CHE OGGI SI REALIZZANO. Renato Andrenelli