Come il frumento anche l’albero del caffè è originario dell’Africa. Il frutto è stato usato fin dall’antichità, ma in modo assai diverso da quello che conosciamo oggi. Con la polpa delle bacche si faceva una specie di vino, e i grossi semi (cioè i chicchi di caffè) erano, come quasi tutti i semi ricchi di proteine e carboidrati, utili come alimento oltre che come stimolante. Verso il 1000 d. C. gli arabi in Etiopia cominciarono a preparare una bevanda calda con i chicchi di caffè, era fatta come oggi si fa la cioccolata: i chicchi arrostiti venivano polverizzati e stemperati in acqua calda. La nuova bevanda divenne popolare, e poco dopo vennero aperte le prime mescite di caffè alla Mecca, a Damasco e a Costantinopoli. Il caffè arrivò a Venezia con il traffico delle spezie nel quindicesimo secolo, e nel sedicesimo e diciassettesimo secolo fu scoperto dai viaggiatori inglesi. William Biddulph scrisse nel 1609, parlando dei turchi, che
La loro bevanda più comune è il coffa, che è una sorta di bevanda nera fatta con una specie di legume simile ai piselli, chiamato coava; che, dopo averlo macinato e bollito nell’acqua, essi bevono tanto caldo quanto lo possono sopportare; cosa che essi trovano sia un ottimo rimedio contro la rozzezza dei loro cibi e il nutrirsi di spezie e carni crude.
Un altro avventuriero, Gorge Sandys, scrisse nel 1601 che il caffè e “nero come la fuliggine, e ha più o meno lo stesso sapore”.
Malgrado questi primi giudizi negativi, è una delle tre bevande (le altre sono il tè e il cacao) che , a partire dal Settecento, hanno influito decisamente sul costume, specie per quanto riguarda le riunioni mondane. Divulgato in Europa soprattutto dagli italiani (fu il siciliano Procopio dei Coltelli ad aprire , sul finire del secolo XVII, il primo caffè a Parigi, e furono i Veneziani a inaugurare, in pochi anni, oltre cento botteghe di caffè nella loro città). Il caffè si è imposto come bevanda calda, perdendo l’originaria influenza in cucina che non ha più recuperato. Ancora oggi il suo impiego è limitato ai dolci e alla gelateria; sono quindi i pasticcieri e i gelatai i maggiori utilizzatori di questo prodotto per la preparazione di creme al caffè, di “ghiacce” al caffè, di granite e di sorbetti.
Sulla pizza sono svariati anni che si utilizza il caffè ma solo come componente di alcune farciture. Nel 1984 proprio a Napoli un pizzaiolo, Rino Francavilla, titolare della Pizzeria Vecchia Napoli ancora oggi sita in via Chavez, 4 a Milano; vinse un concorso con la pizza dolce. Da quel momento in poi tantissime sono state le proposte in tal senso; io ne propongo alcune, dove il caffè entra nella farcitura come complemento; liquido nel tiramisù e in polvere per condire la ricotta meglio se di pecora.
Prediligo sperimentare e allora il caffè in polvere entra a pieno titolo nel prodotto pizza; usato come aggiunta nella percentuale massima del 10% su ogni chilogrammo di farina, conferisce alla pasta un sapore veramente particolare che ben si addice al confezionamento di pizze dolci senza alterarne le caratteristiche tecnologiche. Unico accorgimento dovrà essere la cottura, da eseguire ad alte temperature (400°C) per consentire una corretta lievitazione nel forno.
Renato Andrenelli