Questo parte del titolo dell’articolo comparso su internet, nella pagina del sito: Garage.Pizza a firma Giuseppe A. D’Angelo https://garage.pizza/rubriche-sulla-pizza/il-clamoroso-autogol-di-50-top-dimostra-che-il-mondo-pizza-ha-perso/
Analisi
Per alcuni punti di vista lo scrivente ha colto il segno nel rappresentare la poca professionalità, competenza, amore per il proprio lavoro, la caparbietà di raggiungere obiettivi legali, burocratici, professionali che i pizzaioli italiani dimostrano ogni giorno.
Excursus Storico
La prima Associazione di categoria nasce nel lontano 1981 a Taormina, con l’intendo di unire e far diventare grande un movimento che avrebbe dominato la ristorazione italiana e mondiale.
Un sogno lecito, serio, lanciato verso un futuro che avrebbe potuto portare a grandi successi e conquiste a beneficio dell’intera filiera della pizza. All’inizio ambito e frequentato da tutti quei pizzaioli che oggi si definiscono maestri, Presidenti di organizzazioni, professionisti ecc. i quali hanno preferito all’unione, allo sviluppo delle competenze, alla forza che insieme si può esprimere, la via più facile e quella che avrebbe portato negli anni successivi alla coltivazione di ogni piccolo orticello personale o territoriale che ogni professionista aveva sognato.
L’analisi che il redattore dell’articolo compie e a tratti se la prende con i giornalisti, con i pizzaioli campioni (di varia natura) dimenticando di prendere posizione sulle aziende del mondo pizza in generale, sui sindacati di categoria, sulle leggi che governano questo settore, sul comparto agroalimentare che non collabora con i pizzaioli.
Insomma nella composizione di questo articolo manca un serio studio su tutte le problematiche del settore pizza che rendono critiche sterili le affermazioni scritte.
E’ ovvio che i settori del marketing segnalati come i giornalisti, cavalchino la notizia, è il loro mestiere, che per deontologia professionale sono obbligati a rendere pubbliche tutte le notizie in loro possesso, purché verificate e veritiere.
All’inizio del movimento pizza, la prima associazione nata voleva essere veicolo di studio, d’innovazione, di ordinamento, di sperimentazione, di formazione, di voglia nell’affrontare problemi legati all’aspetto fiscale, sindacale, amministrativo, di formazione professionale, insomma di tutti gli aspetti del mestiere di pizzaiolo a 360 gradi.
Tutti concetti importanti per la vita e l’evoluzione futura di un settore che già si prevedeva decisivo per il settore turistico-ristorativo.
Gli anni che si sono susseguiti all’inizio dell’associativismoo della pizza, fino ad arrivare ai giorni d’oggi, purtroppo hanno reso evidente la scarsa cultura e l’attaccamento che i pizzaioli hanno dimostrato nei confronti del proprio lavoro.
Hanno preferito l’aspetto ludico e di immagine a quello di approfondimento dei valori reali delle proprie attività.
L’avvento dei social media e l’utilizzo smodato di questi nuovi metodi di comunicazione di massa hanno reso evidente la scarsa cultura che operatori del settore pizzeria pone nel capire, progettare e risolvere i problemi che affliggono il mondo pizza.
E’ perfettamente normale che chi, con l’espressione lavorativa, debba raggiungere un utile per la propria organizzazione perseguiti questi obiettivi.
Lo sta facendo anche lo scrivente di quest’artico, che stiamo commentando, volendo far notare il suo valore giornalistico.
Quello che non è normale, è non riuscire a capire ancora, nel 2025 che “l’unione fa la forza”. In questi primi cinquant’anni del nuovo mondo pizza tutti hanno approfittato delle nozioni, esperienze formative e valori etici che la prima associazione ha portato come valore educativo. Le Associazioni napoletane, tutte le altre pseudo riconosciute tali, a livello italiano sono frutto della più o meno partecipazione alla prima nata in Italia. Tutti hanno attinto a questa fonte e poi si sono allontanati per poter sviluppare (come già sopra scritto) e sfruttare il proprio orticello personale.
Questo errore che non offende nessuno, ma che è frutto della scarsa conoscenza delle regole e leggi a cui tutti noi dobbiamo sottostare per essere parti integranti della nostra società, ha evidenziato le problematiche attuali e fatto felici le aziende del settore Pizza che continuano a monetizzare con percentuali crescenti.
Quanto nell’articolo si commenta il servilismo dei pizzaioli, io penso che ci si riferisce al fatto che loro stessi seguono spudoratamente le ambizioni che vengono prospettate dalla aziende stesse, attraverso briciole economiche rilasciate come compensi elargiti in cambio di fatturati crescenti aziendali, che permettono anche di rimborsare ai pizzaioli viaggi e soggiorni in località mai visitate da loro ( il servilismo mansionato).
Analizzando i video che girano sui social, da parte di istruttori, consulenti, maestri della pizza ecc. è possibile capire che ancora la consapevolezza della propria professionalità non è seria ma frutto di visione di parte e molte volte al servizio di aziende di settore.
Alcuni esempi su tutti:
La farina, prodotto essenziale per il nostro settore, definita italiana, di fatto realizzata con grani provenienti da ogni parte del mondo.
Secondo chi legge, come sarà possibile definire Pizza Italiana un prodotto così realizzato?. https://www.raiplay.it/video/2022/11/Pizza-contemporanea---Report-21112022-4af0a75a-ebeb-41a9-86b9-af7ef646c08a.html?wt_mc=2.www.cpy.raiplay_vid_Report.
Il Pomodoro quello italiano riconosciuto in tutto il mondo per una qualità eccelsa, eppure importiamo il pomodoro dalla Cina con la scusa che la produzione italiana non è sufficiente. https://www.ilsole24ore.com/art/il-pomodoro-cinese-che-arriva-via-mare-finisce-nostri-piatti-nave-livorno-e-proteste-AGF8ADK?refresh_ce=1
Di questi esempi se ne possono fare molti altri, ma nessuno si preoccupa di accertarsi della qualità e salubrità della produzione di materie prime. Si da per scontato che le aziende del settore sappiano produrre in modo serio.
Conclusione
E’ evidente che in questa prospettiva di mercato a nessuno importa della qualità dei prodotti tanto celebrata, sia veramente italiana, come pure la salubrità delle materie prime provenienti dall’estero possano essere un valore per definire la digeribilità della pizza italiana.
Lo Sbaglio culturale che tutti i pizzaioli italiani fanno è quello di non essere uniti nel rappresentare qualitativamente e nutrizionalmente i veri prodotti italiani.
Si lascia questo aspetto alle aziende del settore che finanziano volentieri concorsi, consulenti pizzaioli, pseudo formatori e moltissimi corsi privati di pizzaioli perché il ritorno economico e notevolmente superiore, scippando di fatto competenze che spetterebbero all’unione di pizzaioli professionisti e all’Associazionismo di settore che non percepiscono profitti economici come le imprese e tutte quelle aziende che sono profit.
Quando ancora oggi un pizzaiolo domanda: ma l’Associazione cosa mi dà in cambio della quota associativa? si sono risposti da soli sul loro valore culturale, quando invece tutto il mondo imprenditoriale della Pizza si è associato in consorzi, associazioni o enti per abbattere costi commerciali e delegare problematiche amministrative, sindacali, legali, istituzionali, legislativi ad enti interni o esterni pagati con le quote associative per curare gli interessi di tutto il comparto.
Renato Andrenelli