Pizza e spaghetti, più all'estero che in Italia

Pizza e spaghetti, più all'estero che in Italia
I nostri ristoranti in terra straniera superano il miliardo di clienti l'anno

In Italia ci sono circa 70mila aziende tra trattorie, ristoranti e pizzerie. All'estero sono di più, 72mila.
Sono questi i dati diffusi da Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi).

30mila sono nei Paesi Ue, 20mila in Usa e Canada, 12mila in America Latina, 5mila in Estremo Oriente (di cui 2.500 in Giappone e altrettanti tra Cina e Sudest Asiatico), 3.500 nell'Europa dell'Est - nuovo mercato in espansione - 1.000 in Australia e 500 in Medio Oriente.

Si tratta di un esercito di oltre 500.000 persone che produce un volume d’affari globale annuo superiore ai 30 miliardi di dollari. Ogni giorno nel mondo oltre 3 milioni di clienti entrano in contatto con la nostra cucina e, così facendo, con il nostro Paese e il modo di concepire la vita.
Stiamo parlando di oltre un miliardo di contatti l'anno, solo la cucina cinese ha una rete più ampia di estimatori.

E come quella cinese, anche la ristorazione italiana nel mondo è nata a seguito delle emigrazioni del ‘900. Mentre quelle francese o giapponese si sono diffuse nel mondo come ristorazioni professionali, la nostra - "da emigranti" - è nata quindi come ristorazione di sussistenza, d’improvvisazione, di necessità. Queste caratteristiche hanno lasciato un segno profondo, dando una certa immagine "ruspante" della cucina italiana nel mondo.

Qualcosa è iniziato a cambiare con gli anni Settanta, quando ristoratori prestigiosi - si pensi a Cipriani - hanno aperto locali a New York, Londra, in Giappone e, in occasione delle recentissime olimpiadi cinesi, anche a Pechino (Claudio Sadler vi ha inaugurato un ristorante il 7 agosto).

Ma c’è un fenomeno ancora più attuale: molti ristoratori italiani o aspiranti tali lasciano il nostro Paese - per le difficoltà di vario genere che si trovano a gestire un'impresa di questo tipo - e aprono direttamente all'estero, soprattutto nei paesi dell’est Europa (in particolare Russia), ma anche in Spagna e nelle località turistiche più esotiche.

Una vera e propria "fuga dei fornelli" che fa rima con quella dei cervelli.
Tutto questo - sostiene la Fipe - si verifica senza un disegno preciso, senza un progetto e senza appoggi istituzionali, a differenza di quanto avviene abitualmente per analoghe imprese francesi, tedesche o inglesi.