DOVE VA IL MONDO DELLA PIZZA?

Un amico, un socio dell’APM ci ha inviato la sua riflessione in merito al mondo della pizza.
La pubblichiamo perché la riteniamo emblematica del caos che sta dilagando nel comparto della pizza in Italia.
Una babele di idee, di opinioni, di scuole di pensiero, di pseudo professionisti, di patenti di pizzaiolo, di albi professionali che vorrebbero tutelare i pizzaioli qualificati, gli istruttori, i marchi, chi più ne hanno più ne metta. Non solo, si vorrebbe far passare per italiana una pizza che rappresenta la regionalità campana, con tutte le diversità già venute a galla, mi riferisco alla Pizza napoletana STG di recente registrazione, che dovrebbe essere diversa dalla Verace Pizza Napoletana che tanto si vuol trasportare nel mondo.
All’infinite scuole pizzaioli che rilasciano attestati in cui non compaiono mai programmi didattici di riferimento e peggio ancora non certificano assolutamente la qualità del corso stesso, ma portano solamente la firma del presidente di turno. Per non parlare delle dispense didattiche o addirittura i libri didattici super copiati che girano nelle librerie, molto spesso sponsorizzati e con strafalcioni a bordo.
Il nostro amico si domanda quale immagine offriamo ai turisti che vengono nelle nostre pizzerie. Ma è semplice, rispondo io, quella del campione di pizza con attestato attaccato al muro del locale dove ha gareggiato insieme a sessanta settanta pizzaioli come lui. Tanti sono i campionati da quelli europei, a quelli del mondo, dalle olimpiadi ai premi più fantasiosi.
Tutte belle manifestazioni ma che servono solo a far guadagnare qualche spicciolo agli organizzatori che spesso e volentieri non riescono a coprire le spese.
In questo mondo le aziende del settore fanno lauti guadagni, foraggiano e spingono verso questa meta, forti del fatto che i pizzaioli mai e poi mai riusciranno a stare insieme e a dettare quelle regole che invece servono al settore. Il mio pensiero va ad alcune catene di pizza napoletana che ho visto nascere e che oggi sono già passate in mano estera, ma continuerà ad essere espressione della filosofia italiana.
Questa è l’analisi del settore che mi sento di fare e purtroppo penso che il nostro amico abbia ragione e sia giunto il momento di offrire al mondo la vera immagine della creatività italiana, che è fatta di gente laboriosa, che sta sempre dietro il suo banco, che lavora a testa bassa, che ama accontentare il suo cliente; ma che molto spesso non riesce ad esprimere il proprio disappunto su chi sta in prima fila, gode di maggiore visibilità ma lavora malissimo e per giunta si crede talmente capace da definirsi istruttore, consulente capace di avviare qualsiasi tipologia di pizzeria, presidenti di organizzazioni fantasiose, tecnici del settore e poi se si legge un loro scritto non corrisponde nemmeno ad un italiano corretto.
Renato Andrenelli