I Pizzaioli Campioni - Vanno a scuola dai fornai. E’ l’ultima moda

Sembra una bufala ma è tutto vero. L’ultima moda per poter arrivare primi nei campionati di vario tipo è farsi aiutare dai fornai nella composizione degli impasti.

La storia

Nell’Italia del dopo guerra, era il 1954 a Milano esistevano solo 7 osterie con l’uso di pizza. Realizzata nelle teglie tonde, la pizza al piatto, non era certo il piatto forte della cucina italiana. Eccetto Napoli che era un caso a parte, la pizza che conosciamo oggi ha avuto il suo successo mondiale (come detto più volte) dagli anno 70 in poi del secolo scorso. Quando anche per merito dei napoletani, la pizza si è cotta con i canonici 400°C, a differenza delle temperature dei fornai che cuocevano la pizza con le temperature del pane 200-250°C.

Lavorare con temperature così elevate, ha permesso a questo stupendo prodotto di conquistare quel primo posto nella dieta mediterranea che tutto il mondo le riconosce.

Queste metodologie di produzione della pizza sono state negli anni ottanta, le fondamenta della scuola di pizza. Si era reso necessaria la formazione in quanto queste temperature di cottura richiedevano metodi di produzione, lievitazione e manipolazione della pizza diversi da quelli utilizzati dai fornai, tanto era vero che per molto tempo tra pizzaioli e fornai si eresse una barriera di invidia, tanto da dover lavorare come se si fosse separati in casa.

Le mode

Dal ventunesimo secolo invece, stanno riportando alle origini la professionalità del pizzaiolo e quella dei fornai. Si torna al lievito naturale come una volta si formava il pane, si impasta la pizza come si impasta il pane e si torna a cuocere la pizza alle vecchie temperature.

Impasti ad alta idratazione, lievitazioni con piccolissime quantità di lievito, maturazione degli impasti, cotture che non superano i 300 gradi sono le nuove tendenze di produzione di pizza, anche con l’ausilio di farine di forza ad alta percentuale di proteine.

Tutto questo, secondo voi che leggete, è novità? sono tecniche innovative? così si guarda al futuro?

Il sottoscritto non crede che comportamenti di questo tipo siano in grado di far aumentare la professionalità della categoria, se è necessario l’aiuto dei formai per poter vincere un campionato e portare a casa una coppa di cui potersi vantare

Io credo che questi comportamenti, equivalgono ad ammettere che il pizzaiolo non conosce le procedure di produzione, tantomeno è in grado di produrre una pizza di alta qualità. Eppure tutti i pizzaioli si reputano i migliori, i detentori del mestiere in assoluto, ma chi realmente si preoccupa della qualità percepita dal consumatore?   Renato Andrenelli