La lievitazione

quello che oggi ci sembra novità o tecnologia alimentare

I pizzaioli, oggi sono sempre più attenti a fermentazioni lunghe, spontanee, o addirittura lattiche (come ho letto recentissimamente su un social), maturazione delle paste, e così via. Per tutti e anche per i molini sono tecniche di lavoro, atte a valorizzare la qualità o “digeribilità” dei prodotti lievitati in genere.
Grandi impegni, anche economici, con i quali si sono amplificate scuole di formazione, guidate dai molini che attraverso i loro laboratori di analisi interni (chi li possiede), riescono a sensibilizzare i pizzaioli che sempre più si lasciano trasportare da quello che si ritiene essere nuovo e quindi in grado di dettare nuove mode nel settore della pizzeria, panificazione ecc..
Oggi che i social sono utilizzati dalla grande maggioranza degli operatori del settore panificazione, mi sto accorgendo che in nome del progresso tecnologico del settore pizza, tutti pensano che abbiamo fatto enormi progressi dagli anni settanta dello scorso secolo, quando il boom della pizza e divenuto un fatto sociale.

Nulla di più falso, secondo me, perché tutti i componenti la filiera della panificazione si sono concentrati, o stanno portando avanti tecniche di lavorazioni che sono obsolete conosciute dagli antichi nella produzione di pane.

Massimo Montanari nella sua pubblicazione: Storia dell’Alimentazione, Edizione La Terza; nella parte prima. Preistoria e prime civiltà, alla pag. 40 testualmente riporta: omississ la lievitazione non era ignota, ottenuta dalla pasta inacidita, questo sistema non escludeva, almeno dal 1500 a. C., l’impiego di un lievito vero e proprio, i cui saccaromiceti, in forma liquida, venivano dalla fabbricazione della birra, di regola associata alla panetteria. omississ

Come si evince da queste poche note riportate testualmente, che sintetizzano alcuni esempi di lieviti nell’antichità, moltissime erano le tecniche di produzione del lievito. Oggi noi, nonostante l’elevata tecnologia, non abbiamo fatto nessun progresso in questo campo se non far passare per nuove tecniche di produzione quello che gli antichi conoscevano nel lavoro quotidiano.

Tutte le tecniche attuali di lievitazione delle paste (diverse dall’utilizzo del lievito di birra) non possono più essere eseguite come in passato, perché l’inquinamento ambientale e le difese immunitarie del consumatore moderno non rispettano più i parametri delle generazioni fino agli inizi del secolo ventesimo, quando l’avvento dell’industrializzazione, e l’evoluzione del consumismo di massa, ha portato nell’ambiente diversi componenti patogeni presenti nell’aria che potrebbero contaminare negativamente anche le lievitazioni delle paste utilizzate come lieviti naturali e nelle lievitazioni spontanee, o (come ho appreso da pochissimo attraverso i social) nelle lievitazioni lattiche.

Anche Harold McGee nella sua: Il Cibo e la Cucina, alla pag. 318 testualmente scrive: omossiss In Egitto finì per affermarsi l’uso della schiuma di birra, ma il primo lievito non fu altro che un pezzo di pasta in cui gli organismi si stavano già riproducendo. La prima lievitazione deve essere avvenuta spontaneamente, dato che le spore dei lieviti sono dovunque, ed è facile che infettino un ambiente a loro favorevole.
 

A Roma la produzione di lievito era un’attività regolare, ma non prevedeva l’uso della schiuma di birra: i greci e i romani bevevano vino. Ma Plinio riferisce che il pane dei barbari bevitori di birra della Francia e della Spagna era “più leggero di quello fatto altrove” a causa dello strano lievito effervescente usato in quei paesi (libro18). I romani conoscevano molti modi per fare il lievito. Il metodo più semplice e più antico era quello di conservare un pezzo di pasta dalla panificazione precedente. Ma al tempo della vendemmia la crusca di miglio o di frumento veniva mischiata con mosto d’uva, lasciata all’aria perché si contaminasse e poi asciugata al sole. I panetti così ottenuti venivano macerati in acqua prima dell’uso. Un’altra tecnica consisteva nel chiudere ermeticamente dei panetti d’orzo in recipienti di argilla finchè diventassero acidi e ricchi di lievito, e poi disperderli nell’acqua. omississ

Anche la scienza concorda nell‘ammettere che tutte le allergie o intolleranze che oggi affliggono una buona percentuale della popolazione è frutto di contaminazione dell’ambiente, ottenuta attraverso trattamenti all’agricoltura per aumentarne la resa campo, per l’inquinamento dell’aria, o per eccessivo consumo di alimenti provenienti da altre parti del globo terrestre e quindi non facenti parte della stagionalità dei territori di origine in cui vivono le popolazioni autoctone.

Nel settore pizzeria l’utilizzo di farine di forza, realizzate con grani provenienti da ogni parte del mondo, ha portato nel giro di qualche generazione umana un aumento dell’intolleranza al glutine e della celiachia. Fino ad alcuni anni dopo la seconda guerra mondiale, la popolazione italiana era quasi immune da queste malattie, mentre oggi l’eccessivo consumo di farine altamente proteiche è una delle cause delle patologie sopra elencate, che statisticamente colpisce oltre il 5% della popolazione italiana.
Renato Andrenelli